MEDITAZIONE SULL' UMILTÀ
Che cosa è l'umiltà?
Per ben intenderlo, diremo che l'umiltà è il contrario della superbia; orbene, la superbia è la stima esagerata di se medesimo e la brama di essere stimato dagli altri; quindi, per contrapposto, l'umiltà è quella virtù soprannaturale che mediante la conoscenza di noi medesimi, ci porta a stimarci al nostro giusto valore e a disprezzare le lodi altrui.
E' la virtù che ci inclina, lo dice la parola, a stare al basso (1), a stare volentieri all'ultimo posto. L'umiltà, dice san Tommaso, trattiene l'anima perchè non tenda immodestamente all'alto (2) e non si porti a ciò che è al disopra di se stessa; la trattiene quindi al proprio posto.
La superbia è la radice, la causa, il condimento, per così dire, di ogni peccato, poichè in ogni peccato c'è la tendenza ad innalzarsi al disopra di Dio medesimo; per contrapposto l'umiltà è la virtù che in certo qual modo le comprende tutte; chi è veramente umile è santo.
Gli atti principali dell'umiltà sono cinque:
1. Riconoscere che da noi medesimi siamo nulla e che tutto quanto abbiamo di buono, tutto l'abbiamo ricevuto e lo riceviamo da Dio; anzi non solo siamo nulla, ma siamo anche peccatori.
2. Attribuire tutto a Dio e nulla a noi; questo è un atto di essenziale giustizia; disprezzare quindi le lodi e la gloria terrena : a Dio, secondo ogni giustizia, ogni onore ed ogni gloria.
3. Non disprezzare nessuno, nè voler essere superiori agli altri, considerando da una parte i nostri difetti ed i nostri peccati, dall'altra le buone qualità e le virtù degli altri.
4. Non desiderare di essere lodati, e non far nulla precisamente a questo fine.
5. Sopportare, ad esempio di Gesù Cristo, le umiliazioni che ci capitano; i Santi fanno un passo di più, le desiderano, imitando ancora più perfettamente il Sacro Cuore del nostro adorabile Salvatore.
L'umiltà è giustizia e verità; perciò, se ben consideriamo, è stare al nostro posto.
1. Al nostro posto davanti a Dio, riconoscendolo e trattandolo per quello ch'Egli è. Cos'è il Signore? Tutto. Cosa siamo noi? Niente e peccato, è detto tutto in due parole.
Se Dio togliesse da noi ciò che è suo, cosa resterebbe in noi? Niente altro che quella schifosità che è il peccato. Dobbiamo dunque considerarci davanti a Dio come un vero niente: ecco la vera umiltà, radice e fondamento di ogni virtù. Se avremo davvero tali sentimenti e li metteremo in pratica, come potrà la nostra volontà ribellarsi a quella dì Dio? La superbia vuole mettersi al posto di Dio, come Lucifero. «Dio vuole questo, io no, dice in realtà il superbo, voglio comandar io e quindi essere io il Signore ». Perciò sta scritto cheDio odia il superbo e gli resiste (3).
La superbia è il peccato più abominevole agli occhi del Signore, perché è il più direttamente opposto alla sua autorità e dignità; il superbo, se potesse, distruggerebbe Dio perchè vorrebbe rendersi indipendente e far senza di Lui. Agli umili invece Dio dà la sua grazia.
2. L'umile sta al suo posto in faccia al suo prossimo, riconoscendo che gli altri possiedono belle qualità e virtù, mentre in se medesimo vede molti difetti e tanti peccati; quindi non si innalza sopra nessuno, a meno di qualche stretto dovere secondo la volontà di Dio; il superbo non vuol vedere che se medesimo al mondo, l'umile invece lascia che vi sia posto anche per gli altri, ed è giustizia.
3. L'umile sta pure al proprio posto in faccia a se stesso; non si esagera le proprie abilità e le proprie virtù, perchè sa che l'amor proprio, sempre portato alla superbia, può ingannarci con estrema facilità; se ha qualche cosa di buono, riconosce che è tutto dono ed opera di Dio, mentre è persuaso di essere capace di ogni male se la grazia di Dio non lo aiuta. Che se ha fatto qualche bene o acquistato qualche merito, cos'è mai questo a confronto dei meriti dei Santi? Con questi pensieri non ha per se medesimo nessuna stima, ma soltanto disprezzo, mentre si guarda bene dal disprezzare qualsiasi persona di questo mondo. Quando vede del male, si ricorda che il più gran peccatore, finchè sta in vita, può diventare un gran Santo, e qualunque giusto può prevaricare e perdersi.
L'umiltà è dunque la cosa più semplice e più naturale, la virtù che dovrebbe esserci più facile di tutte se la nostra natura non fosse pervertita dal peccato del primo padre. Nè crediamo che l'umiltà impedisca di esercitare l'autorità per qualche carica di cui si sia rivestiti o che renda trascurati o incapaci negli affari, come rimproveravano i pagani ai primi cristiani, accusandoli come gente inetta.
L'umile avendo gli occhi sempre fissi su la volontà di Dio, adempie esattamente ogni suo dovere anche nella sua qualità di superiore. Il superiore nell'esercitare la sua autorità secondo la volontà di Dio, è al proprio posto, quindi non manca di umiltà; così pure non offende l'umiltà il cristiano che conserva ciò che gli appartiene e fa i propri interessi « osservando, come dice san Francesco di Sales, le regole della prudenza e insieme della carità ». Non aver paura perciò che la vera umiltà ci renda incapaci e inetti; guardiano i Santi, quante opere straordinarie hanno compiuto. Eppure sono tutti grandi nell'umiltà; appunto per questo compiono opere grandi, perchè confidano in Dio e non nelle proprie forze e nella propria abilità.
« L'umile, dice san Francesco di Sales, è tanto più coraggioso quanto più si riconosce impotente, perchè pone in Dio tutta la sua fiducia».
L'umiltà non impedisce neppure di riconoscere le grazie che si ricevono da Dio; « non è da temere, dice san Francesco di Sales, che questa vista ci porti alla superbia, basta siamo ben persuasi che quanto abbiamo di buono non è da noi. Ahimè! i muli non sono forse sempre povere bestie, benchè siano carichi dei mobili preziosi e profumati del principe? ». Sono da leggere e meditare gli avvisi pratici che dà il santo Dottore nel capitolo V del Libra III della Introduzione alla vita devota.
Se vogliamo piacere al Sacro Cuore di Gesù dobbiamo essere umili:
1°. Umili nei pensieri, nei sentimenti e nelle intenzioni. « L'umiltà risiede nel cuore. La luce di Dio deve mostrarci il nostro nulla sotto ogni rapporto; ma non basta, perchè si può aver tanto orgoglio pur conoscendo la propria miseria. L'umiltà non incomincia se non con quel movimento dell'anima che ci porta a cercare ed amare il posto dove ci mettono i nostri difetti e le nostre colpe, ed è ciò che i Santi chiamano amare la propria abiezione: compiacersi di stare in questo posto che ci conviene ».
Vi è poi una forma di superbia sottilissima e comunissima che potrebbe togliere pressochè ogni valore alle opere buone; ed è la vanità, il desiderio di comparire; se non stiamo attenti bene, potremmo arrivare a far tutto per gli altri, considerando in ogni cosa ciò che diranno e penseranno di noi gli altri e così vivere per gli altri e non per il Signore.
Vi sono persone pie che forse si lusingano di acquistare molti meriti e di amare il Sacro Cuore, e non si avvedono che la superbia e l'amor proprio guastano tutta la loro pietà. A molte anime si potrebbero applicare quelle parole che disse Bossuet dopo di aver tentato invano dì ridurre all'obbedienza le famose Angeliche di Port-Royal: « Sono pure come angeli e superbe come demoni ». Cosa servirebbe essere angelo di purezza a chi fosse demonio per la superbia? Per piacere al Sacro Cuore non basta una virtù, bisogna praticarle tutte e l'umiltà deve essere il condimento di ogni virtù come ne è il fondamento.
2°. Umili nelle parole, evitando l'arroganza e la intemperanza della lingua che proviene dalla superbia; non parlar di sè, nè in bene nè in male. Per parlar male di sè con sincerità come per dirne bene senza vanità, bisogna essere un Santo.
«Noi diciamo spesso, dice San Francesco di Sales, che siamo nulla, che siamo la miseria stessa... ma saremmo ben dispiacenti se ci si prendesse in parola e se gli altri dicessero così di noi. Fingiamo di nasconderci, perchè si venga a cercarci; affettiamo di prendere l'ultimo posto per ascendere al primo con onore maggiore. Una persona veramente umile non finge di essere tale, e non parla di sè. L'umiltà desidera di nascondere non soltanto le altre virtù, ma più ancora se medesima. L'uomo veramente umile preferirebbe che altri dicessero di lui che è un miserabile.., piuttosto che dirlo egli medesimo». Massime d'oro e da meditare!
3°. Umili in tutto il contegno esterno, in tutta la condotta; il vero umile non cerca di primeggiare; il suo contegno è sempre modesto, sincero e senza affettazione.
4°. Non dobbiamo mai desiderare di essere lodati; se ben vi pensiamo, cosa importa a noi che gli altri ci lodino? Le lodi sono cose vane ed esteriori, di nessun vantaggio reale per noi; sono poi tanto capricciose che non valgono nulla. Il vero devoto del Sacro Cuore disprezza le lodi, non già concentrandosi in se stesso per superbia con disprezzo degli altri; ma con questo sentimento: Basta mi lodi Gesù, è questa l'unica cosa che mi importi: basta Gesù sin contento di me e sono soddisfatto! Questo pensiero deve esserci familiare e continuo se vogliamo aver una vera pietà e una vera devozione al Sacro Cuore. Questo primo grado è alla portata di tutti e necessario a tutti.
Il secondo grado, è di sopportare con pazienza anche i biasimi ingiusti, a meno che il dovere ci obblighi a dire le nostre ragioni e in questo caso lo faremo con pacatezza e moderazione secondo la volontà di Dio.
Il terzo grado, più perfetto e più difficile, sarebbe quello di desiderare e cercare di essere disprezzati dagli altri, come S. Filippo Neri che si rendeva ridicolo su le piazze di Roma o come san Giovanni di Dio che si fingeva pazzo. Ma tali eroismi non sono pane per i nostri denti.
«Se parecchi eminenti servi di Dio hanno finto di essere pazzi per farsi disprezzare, bisogna ammirarli non imitarli, perchè i motivi che li hanno portati a simili eccessi furono in loro così particolari e straordinari che non dobbiamo nulla concluderne a nostro riguardo». Ci contenteremo di rassegnarci almeno, quando ci capitassero delle umiliazioni ingiuste, dicendo col santo Salmista: Buon per me, o Signore, che mi avete umiliato. «L'umiltà, dice ancora San Francesco di Sales, ci farà trovar dolce tale beata umiliazione, soprattutto se ce l'avrà attirata la nostra devozione».
Un'umiltà che dobbiamo saper praticare è quella di riconoscere e confessare i nostri torti, i nostri sbagli, le nostre colpe, accettando la confusione che ce ne potrà provenire, senza mai ricorrere a bugie per scusarci. Se non siamo capaci di desiderare le umiliazioni, conserviamoci almeno nell'indifferenza riguardo ai biasimi ed alle lodi altrui.
Amiamo l'umiltà, e il Sacro Cuore di Gesù ci amerà e sarà la nostra gloria.
Commenti